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LA SITUAZIONE ATTUALE DEL SERVIZIO CIVILE UNIVERSALE

(A cura di Assifero)
Intervista a Licio Palazzini, Presidente di Arci Servizio Civile e della Cnesc, la Conferenza nazionale degli Enti Servizio Civile.

Ci racconta qual è la situazione attuale del Servizio Civile Universale? Quante risorse sono attualmente a disposizione dei ragazzi in Servizio Civile? Quanti potranno cogliere questa opportunità, se non vi saranno cambiamenti nella nuova Legge di bilancio?

Per l’anno 2020 la legge di Stabilità ha stanziato circa 140 milioni. Il Dipartimento per le Politiche Giovanili e il Servizio Civile Universale della presidenza del Consiglio ne ha potuti aggiungere altri 41 da risorse del Dl Agosto e del Cura Italia e altri 40, risultanti da avanzi di gestioni precedenti. Le risorse a disposizione dello SCU (Servizio Civile Universale) sono arrivate a 220 milioni di euro, che copriranno circa 40.000 posizioni. Ma le domande on-line arrivate sono ben 85.000. Una cifra che è facile prevedere si toccherà anche nel 2021. Ma la legge di Stabilità per il 2021 ne stanzia solo 99 di milioni, che copriranno solo 18.000 posti. E’ chiaro che, se non vi saranno fondi aggiuntivi, rimarranno esclusi più di 65.000 giovani. Siamo ben lontani dall’offrire un vero Servizio Civile Universale.

Nelle ultime settimane sono stati lanciati due appelli al Governo per chiedere maggiori risorse. Si sono mobilitati enti pubblici, enti del Terzo Settore, rappresentanti dei volontari e molti opinion leader della società civile. Cosa si vuole ottenere? Perché si sta chiedendo a gran voce un impegno da parte del Governo a finanziare il Servizio Civile con la prossima Legge di bilancio?

Nei giorni scorsi, 127 organizzazioni pubbliche e private che sono accreditate all’Albo SCU, hanno scritto una lettera al Presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, al Ministro con delega al Servizio Civile, Vincenzo Spadafora, e al Ministro dell’Economia e delle Finanze, Roberto Gualtieri, chiedendo al governo di finanziare in maniera adeguata il SCU: entro il 20 ottobre il Governo deve presentare al Parlamento la Legge di Bilancio e con i 99 milioni di euro stanziati per il 2021 e 104 per il 2022, gli avvii diminuirebbero drasticamente dai 53mila del 2018 ai 18mila del 2021.
E’ importante che il governo faccia il primo passo. Noi abbiamo quantificato un fabbisogno annuale di 300 milioni prendendo come standard un contingente di 50.000 giovani l’anno e non di tutti coloro che inviano la domanda. Questo anche per rispondere a chi ha chiesto più volte di stabilizzare una volta per tutte la quota di operatori volontari in ingresso ogni anno.

Come sa, Assifero dal 7 aprile 2020, è ente nazionale titolare di accredito per il servizio civile universale con 94 enti di accoglienza, 129 sedi iscritte in 12 regioni Italiane e da qualche settimana è parte della CNESC. Assifero rappresenta un unicum tra gli enti accreditati. Qual è, a suo avviso, il valore aggiunto del mondo delle fondazioni ed enti filantropici per il sistema Paese?

Il valore aggiunto di avere il mondo delle fondazioni e degli enti filantropici tra gli enti di servizio civile è, per i giovani, la possibilità di conoscere e di partecipare a un mondo che coniuga solidarietà e tecnicalità, valori e strumenti. Si pensi ad esempio alle fondazioni di comunità che operano localmente, sono radicate in un territorio mantenendo una visione globale. I giovani entrano in queste organizzazioni e ne conoscono il funzionamento e i valori e in un futuro saranno loro stessi dei testimonial di queste realtà.

Per il sistema Paese il valore aggiunto è la messa a disposizione sia del Terzo Settore sia degli enti pubblici di tutti gli strumenti necessari ad avere una forma di collaborazione che sia anche in linea con la sentenza della Corte Costituzionale sulla co-programmazione e co-progettazione.

Il mondo delle fondazioni ed enti filantropici, attraverso l’esperienza del servizio civile, può aiutare le reti del terzo settore a sviluppare bene questo ruolo. Lo dico esplicitamente legato al SC perché uno dei limiti storici del SC in Italia è quello di essere stato una nicchia, conosciutissima da coloro che sono diventati operatori ma non sempre appieno dalle stesse organizzazioni che li hanno accolti. Figuriamoci al di fuori di queste. Mi pare un elemento rilevante anche perché tutti siamo dentro la Riforma del Terzo Settore (RTS). La capacità di abbinare rispetto della forma a coerenza con le finalità del SC sarà la sfida dei prossimi anni per tutto il TS. Vi sono fondate preoccupazioni che la RTS si tramuti in una camicia di forza di norme che depotenziano la mission dell’organizzazione ma un rapporto di scambio con il mondo delle fondazioni contribuisce a diminuire questo rischio.

Se si riuscisse a leggere il contributo che il TS, il sistema delle autonomie locali, le imprese attente alla sostenibilità e alla responsabilità sociale già oggi mettono in cantiere, tutto il sistema ne trarrebbe vantaggio. Mi pare che al momento la lettura avvenga in modo verticale, per silos, quando invece la sentenza della Corte Costituzionale sulla co-programmazione e co-progettazione ci chiama ad avere un’ottica integrata. E questo per il SC è una conquista ancora da ottenere perché veniamo da 15 anni di impostazione di SC per progetti in cui l’impianto è stato quello per cui ogni micro organizzazione fa il suo progetto e sulla base dei soldi disponibili, una volta uscite le graduatorie, si valutano quanti di quei progetti vanno a bando e quanti no. L’unico antidoto sono state le reti associative nazionale (e in qualche caso regionali) che hanno svolto attività di rappresentanza, coordinamento, expertise, rendicontazione. Questo impianto di autotutela del Dipartimento SC, in termini culturali, ha incentivato la frammentazione sia nei soggetti di terzo settore sia nei soggetti pubblici. Adesso con la programmazione triennale (Decreto Novembre 2019) questo impianto viene capovolto, incoraggiando le organizzazioni a lavorare insieme sia all’interno di un programma, che sia un modo per attuare un obiettivo dell’Agenda 2030 o per realizzare uno degli ambiti d’azione previsti nel decreto dentro lo stesso programma sia nello stesso progetto. La mia valutazione è che il decisore politico non abbia tenuto conto dell’impatto che questo capovolgimento ha sul mondo concreto degli Enti del Terzo Settore (ETS) e degli Enti locali. Prima si riuscirà a mettere in campo una importante attività di formazione per gli operatori delle organizzazioni e più si eviterà il rischio di una finzione generale.

L’altro nodo che sta dietro a tutta questa logica dei progetti è il distanziamento progressivo fra la ragione sociale e l’attività ordinaria per cui quel soggetto è nato e agisce e quello che è scritto nel progetto. I giovani sono i primi a capire questa discrepanza. Non parlo di attività illecite dell’organizzazione ma di finalità statutarie che il soggetto pubblico ha riconosciuto perché quell’associazione è iscritta ad un albo, , ma che sono state soppiantate dalla logica del progetto annuale. Sempre per quella logica di autotutela cui accennavo poc’anzi si è sempre più distanziata l’attività ordinaria della organizzazione dal testo del progetto. E anche questa è una distanza che andrà velocemente colmata, intanto perché con la RTS sono comprese le attività d’interesse generale (Art. 5): il Dipartimento di SC non avrà nulla da contestare se una organizzazione presenta un programma in cui dà attuazione alle attività di interesse generale che è chiamata a svolgere. Ma non si tratterà di progetti specifici.

Ecco credo che sia necessario lavorarci in tanti e su più piani. Un piano concreto è fare bene servizio civile: fare attività ordinarie non significa che gli operatori vanno a fare i centralinisti o addetti le fotocopie ma che insieme agli altri operatori si occupano delle attività funzionali a attuare la mission pubblica di quell’associazione. Un altro piano è avere una opportunità di formazione potente e tempestiva per consentire a tutta la rete soprattutto degli ETS di essere attrezzati a questo passaggio culturale. Non da ultimo è fondamentale che le amministrazioni si parlino. Mi riferisco ad esempio al rapporto tra Dipartimento, Ministero del Lavoro e Direzione Terzo Settore. Se è vero, come i dati dicono, che i soggetti di TS sono (prendendo a riferimento gli enti di accoglienza) il 70% almeno dei soggetti sociali iscritti all’albo del SC e devono fare la migrazione sul Registro Unico del Terzo Settore (RUNTS) si rischia che si rischia che l’organizzazione ETS sia chiamata nei prossimi mesi a fare tutti gli atti per il RUNTS e dopo 7/8 mesi a compilare gli atti di adeguamento all’iscrizione all’albo dello SCU perché nel frattempo ha adeguato lo statuto, ha modificato gli organi dirigenti, ampliato la ragione sociale, ecc.

Quale è la visione strategica della CNESC e il valore aggiunto di questa rete per il sistema Paese?

La pace non è mai acquisita e va sempre costruita anche quando non ci sono conflitti armati e la pace nelle comunità locali significa coesione e partecipazione. Per avere comunità coese e in cui i cittadini partecipano, bisogna siano formati a queste due funzioni. Il SC è una, se non l’unica temo, agenzia pubblica che può generare questi risultati. La nostra mission è formare persone che siano cittadini, che si vogliano impegnare nelle istituzioni, che siano solidali, disponibili a dare oltre che a ricevere anche per esempio partecipando alla vita delle organizzazioni, persone digitali che sappiano usare le nuove tecnologie per essere utili dentro la vita delle comunità, e cittadini resilienti che sappiano che tipo di sfide si troveranno ad affrontare, e che siano anche esigenti rispetto alle istituzioni. Tutto questo in senso formale si traduce nella applicazione della finalità del SCU che è la promozione di una modalità civile e non armata di difesa del Paese e di realizzazione dei diritti/doveri di partecipazione alla vita della comunità che la partecipazione ci richiede.

Siamo in un momento critico, la seconda ondata di contagi da Covid-19 sembra essere alle porte. Sappiamo che i volontari hanno fatto un lavoro enorme nel supportare i servizi durante la prima fase dell’emergenza. Il servizio civile, di fatto, non si è mai fermato se non per un breve periodo tra marzo e metà aprile 2020. Quali saranno, a suo avviso, le sorti dei progetti di servizio civile nazionale in corso? 

Tutti gli indicatori ci stanno dicendo che la situazione attuale è il tipico esempio che per difendere una comunità ci vuole coesione e partecipazione. Quindi vanno benissimo le norme di tutela e autotutela sanitarie. Avere delle persone che concorrono alle condizioni di vita della propria comunità anche se non è attaccata con le armi, ma da un virus, rimanda sempre alla qualità delle persone che vivono nella comunità e ovviamente anche alla qualità delle istituzioni.

Per quanto riguarda i progetti di SCN in corso la proroga dello stato di emergenza al 31 gennaio dà la possibilità al Dipartimento SC di prorogare le norme in deroga emanate ad aprile 2020.

Relativamente alla prima fase dell’emergenza, cosa ne pensa del bando “TIME TO CARE” per 1.200 giovani under 35 in attività di supporto e assistenza agli anziani. Pensa che si ripeterà di nuovo anche per la seconda ondata?

Non ho elementi per capire la possibilità di ripetizione del bando. Noto solo che un aspetto che ha penalizzato il SC nell’accesso a fondi aggiuntivi è la lunghezza temporale di circa 10 mesi che c’è fra la scrittura di un programma e il deposito dello stesso, la valutazione da parte del Dipartimento SC, il bando giovani e l’avvio effettivo dei giovani. Questo priva il SC di quella attrattività pratica che oggi è la regola aurea della politica. Per “soluzioni in tempi rapidi” ci potrebbero essere anche risorse se la soluzione non è rapida le risorse non ci sono.

Poi va benissimo che queste risorse vadano da altre parti, non sto sminuendo l’esperienza e le potenzialità di Time to Care perché il nodo del dialogo intergenerazionale fa parte del SC. Ma a latere di Time to Care come bando, mi ha colpito che risorse che forse potevano essere aggiuntive per il SC non ci siano state forse per questa ragione.

Assifero ha presentato lo scorso maggio 3 programmi e 24 progetti totali di SCU. Cosa prevede rispetto al loro avvio?

Mi baso su ciò che di pubblico dice il Dipartimento di SC. A fine ottobre avremo la prima valutazione sul punteggio attribuito ai programmi e ai progetti, per poi avere entro dicembre la pubblicazione del bando per i giovani. Non ho elementi per sapere quando chiuderà la possibilità per i giovani di presentare domanda perché è legato a quando il Dipartimento sarà in condizione di pubblicare il bando.

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