Il volontariato? “Silenzioso, ma espressione di nuovi orizzonti”
Presentata ieri la ricerca “Come comunica il volontariato ai tempi del Covid-19” condotta da Redattore Sociale per il Csv di Padova e Rovigo con il sostegno dell’Otc Veneto. Sul web l’intera pubblicazione. Santinello, Università di Padova: “La comunicazione è il meccanismo principale con cui un’associazione cresce nel territorio”
PADOVA – “Spesso si dice che il volontariato è come una foresta che cresce ma non fa rumore. Un silenzio che entra nelle radici dei contesti territoriali e che contamina”. Tuttavia, oggi occorre “dare voce” a questo impegno per far diventare questo “volontariato silenzioso” una “espressione di nuovi orizzonti e anche di nuove speranze di cui noi abbiamo estremo bisogno in questo periodo”. Così Silvana Bortolami, presidente dell’Organismo Territoriale di Controllo del Veneto., ha avviato i lavori di presentazione della ricerca “Come comunica il terzo settore e il volontariato (ai tempi del Covid-19)” realizzata da Redattore Sociale per il Centro di servizio per il volontariato di Padova e Rovigo in occasione dell’anno di Padova Capitale europea del volontariato, con il sostegno dell’Organismo Territoriale di Controllo del Veneto, presentata oggi online.
Una ricerca – consultabile gratuitamente online sul sito di Padova Capitale – che mette in luce potenzialità e difficoltà del mono del terzo settore e del volontariato della provincia di Padova sul tema della comunicazione. “La comunicazione è una sfida per il mondo del volontariato e per il terzo settore – ha spiegato Anna Donegà, referente area comunicazione del Csv di Padova e Rovigo -. Volevamo fare una fotografia per capire quali strategie poter mettere in campo come Csv in rete con gli altri Csv del Veneto e d’Italia per migliorare questo aspetto, perché la comunicazione fa parte dell’attività del volontariato e la comunicazione sociale può avere un ruolo fondamentale nei processi di cambiamento e di partecipazione”.
Al questionario hanno risposto 74 organizzazioni su un campione di circa 650 realtà operative sul territorio della provincia selezionate dal Csv di Padova e Rovigo ed è stato sottoposto alle organizzazioni tra ottobre e novembre 2020. I dati raccolti sono stati oggetto di riflessione all’interno di un focus group composto da Massimo Santinello, professore ordinario di Psicologia Sociale e di Comunità presso il Dipartimento di Psicologia dello Sviluppo e della Socializzazione dell’Università di Padova; Gaia Peruzzi, professoressa associata in Sociologia dei processi culturali e della comunicazione presso il Dipartimento Comunicazione e Ricerca sociale, Sapienza Università di Roma; Paola Springhetti, giornalista e docente di giornalismo alla Facoltà di Scienze della comunicazione presso l’Università Pontificia Salesiana; Niccolò Gennaro, direttore del Centro di servizio per il volontariato di Padova e Rovigo.
Dalla ricerca emerge un volontariato soddisfatto della copertura assicurata dai media locali su volontariato e terzo settore, ma che risulta meno contento della qualità del racconto. Il giudizio espresso dai partecipanti su come i media raccontano il non profit, infatti, è duplice. Se da una parte viene considerata ottima (4,1%), buona (47,3%) o sufficiente (25,7%) la copertura mediatica assicurata al non profit, il 33,8% si dichiara insoddisfatto in merito alla qualità del racconto. Tuttavia, il 32,4% degli intervistati è contento della qualità del racconto e un 31,1% lo ritiene sufficiente. Alla domanda “Quale mezzo racconta meglio il terzo settore e il volontariato sul proprio territorio”, il 63,5% ritiene che siano i social il mezzo che meglio rappresenta il mondo del sociale. Al secondo posto, però, ci sono i quotidiani locali (47,3%) e le emittenti televisive locali (23%). Colpisce la scarsa attenzione a livello di media nazionali rispetto a quanto succede sul territorio padovano nell’anno di Padova Capitale europea del volontariato, la prima città italiana a ricevere questo riconoscimento.
I dati, tuttavia, mostrano anche un mondo che complessivamente investe poco – a livello economico – nella comunicazione e nella sponsorizzazione dei propri contenuti e che punta molto sui propri volontari. È l’alto utilizzo di risorse interne, per lo più volontari, per l’affidamento del compito della comunicazione (56,8%) e il limitarsi ad una o due figure per l’incarico il tratto comune delle organizzazioni che hanno risposto al questionario. Solo nel 16,2% dei casi l’incarico è coperto da personale retribuito. Inoltre, il 31,1% delle organizzazioni coinvolte riferisce di non investire economicamente in comunicazione, mentre il 32,4% riferisce che investe annualmente fino a mille euro.
La ricerca, inoltre, ha dedicato un focus anche all’impatto dell’emergenza Covid-19 sulla comunicazione all’interno delle organizzazioni e anche verso l’esterno. Oltre la metà delle realtà intervistate, emerge dalla ricerca, conferma di aver cambiato modo di comunicare proprio per via dell’emergenza. Nonostante le numerose campagne di raccolta fondi attivate durante il primo lockdown, inoltre, tra le 74 organizzazioni coinvolte, la comunicazione relativa a raccolte fondi e donazioni ha visto una diminuzione nel 27% dei casi, mentre un ulteriore 37,8% delle organizzazioni sostiene di non fare comunicazione per raccolte fondi e donazioni. Solo per il 12,2% delle organizzazioni, tale comunicazione ha visto un incremento durante il lockdown. Tuttavia, l’emergenza sanitaria e il lockdown hanno lasciato un segno nelle organizzazioni, spingendole a utilizzare nuovi strumenti di comunicazione – soprattutto interna – e nuove modalità di coinvolgimento dell’opinione pubblica.
Per Massimo Santinello, professore di Psicologia Sociale e di Comunità dell’Università di Padova, il silenzio del volontariato richiamato da Bortolami è una sorta di “paradosso”. “Il messaggio implicito mi sembra che sia che in fondo comunicare non è molto importante – sottolinea Santinello -. L’importante è fare e fare in modo silenzioso. Se questa è l’idea che abbiamo del volontariato allora questo forse spiega gran parte dei risultati della ricerca. In fondo, del poco che si fa, la maggioranza delle associazioni è comunque soddisfatta. Circa il 65% delle organizzazioni si dice soddisfatta dell’attività di comunicazione che fa. Predilige i social perché è più facile, basta fare un post per avere l’impressione di aver comunicato, ma a me sembra un’idea di comunicazione monodirezionale. Per molti l’importante è fare, agire, e non che la comunicazione sia un canale importante che consente di fare di più e meglio, di crescere”. Per Santinello, questo “racconta che c’è un’idea di relazione e comunicazione molto finalizzata ai bisogni della propria associazione. Non si pensa che la comunicazione è uno strumento all’interno di una relazione. Sembra che il volontariato, quando pensa a questa relazione, non pensa al fatto che questa implica uno sforzo prolungato nel tempo, un impegno che deve avere una sua regolarità. Mi pare ci sia poca attenzione a questo aspetto perché si dà poca attenzione al fatto che la comunicazione è il meccanismo principale attraverso cui l’associazione cresce nel territorio. Questo mi sembra si sottovaluti e che emerge da quelli che sono i principali risultati di questa ricerca”.
La ricerca apre nuovi spazi di riflessione, spiega Emanuele Alecci, presidente del Csv di Padova e Rovigo nelle conclusioni del testo. Il report “vuole essere un punto di partenza e uno strumento utile a livello locale e nazionale per sviluppare nuovi percorsi con le organizzazioni non profit sul senso profondo che la comunicazione sociale riveste oggi – scrive Alecci -. Tutt’altro che relegata ad una comunicazione monodirezionale e autoreferenziale, la comunicazione sociale ha infatti una delle principali ragion d’essere nella spinta al cambiamento. Crediamo pertanto che la strada da percorrere, per superare il senso di inferiorità delle organizzazioni non profit in tema di comunicazione, la difficoltà di “bucare” la notizia nella comunicazione di massa e le ristrettezze economiche, sia quello di accompagnare le associazioni a fare quello che sanno fare meglio, cioè coinvolgere le comunità attraverso un processo dal basso”.
Da: www.redattoresociale.it
Interventi finalizzati alla promozione della cultura del dono e al rafforzamento della filantropia istituzionale.
Rientrano in questo settore i servizi svolti dalla fondazione volti a creare ponti di solidarietà tra le organizzazioni e gli enti finanziatori e anche ad attrarre potenziali enti finanziatori al sostegno di iniziative valutate positivamente dall’Ufficio Studi e Valutazione.
Gli interventi di Protezione e Advocacy si attuano attraverso azioni di tutela e di promozione dei diritti sociali e civili.
La protezione è un mezzo messo in atto per garantire un diritto (qualunque esso sia ma che sia riconosciuto) di un individuo o di un gruppo in condizione di vulnerabilità e del suo ambiente.
Advocacy significa farsi promotore e attivamente patrocinare una causa di un gruppo di persone in condizioni di vulnerabilità o le cui condizioni di vita possono essere migliorate.
L’advocacy si avvale anche dell’uso strategico di informazioni e di risorse (economiche, politiche, ecc.) che permettano di modificare sia le decisioni politiche (legislative, normative, allocative) sia i comportamenti collettivi al fine di innalzare il livello di sensibilità e modificare la percezione su una causa specifica.
L’istruzione è un diritto sancito dalle Nazioni Unite e dalle Carte costituzionali di molti paesi, che va garantito laddove i governi o i sistemi educativi non lo facciano.
La formazione professionale è un veicolo propedeutico per garantire il diritto al lavoro.
Istruzione e formazione a cura di università, istituti professionali e scolastici, enti o associazioni.
Il settore può comprendere: tutti i percorsi educativi formali all’interno di istituti scolastici e universitari o informali, in particolare formazione professionale o alfabetizzazione per adulti, attività ricreative, educative, formative, doposcuola, destinate a gruppi vulnerabili, attori chiave strategici per un paese o un luogo.
Attenzione particolare, nella valutazione, verrà data alla presenza di indici di riuscita di inserimento lavorativo.
Sono compresi nella voce strumenti e mezzi per garantire sia istruzione che formazione, e anche percorsi di sensibilizzazione rivolti a studenti all’interno del ciclo scolastico/formativo.
La povertà, viene definita dall’ISTAT come “un fenomeno che ha manifestazioni multidimensionali di squilibri e contraddizioni strutturali dei meccanismi di sviluppo. Le modalità principali con le quali si manifestano gli squilibri della povertà si possono raggruppare nella difficoltà di accesso al consumo privato, ai beni e servizi di supporto all’esercizio delle potenzialità umane in tutti i campi, difficoltà di accesso per gli individui e le famiglie ai beni di base come la casa, l’acqua, il trasporto, l’energia; difficoltà inerenti la dimensione culturale, impossibilità ad avere una esistenza dignitosa e autonoma”.
Tali squilibri producono difficoltà di accesso, per una parte della popolazione, al diritto di vivere dignitosamente e di far parte a pieno titolo della società.
In sintesi la povertà è il mancato accesso al diritto allo sviluppo.
Il settore può comprendere:
– interventi e servizi ‘a bassa soglia’, indirizzati a persone adulte in situazione di estrema difficoltà;
– interventi di inclusione sociale;
– interventi di ‘housing sociale’ rivolti a persone non abbienti, autonome fisicamente, oppure a beneficiari che non è previsto partecipino attivamente all’erogazione del servizio (o non sono in condizione di farlo).
Implementazione di soluzioni economiche che considerino adeguatamente il contesto sociale, che invochino responsabilità condivise e che possano contenere elementi di replicabilità.
Un’iniziativa che prende l’avvio con una differente finalità può in un momento successivo assumere una valenza di sviluppo socio-economico. Elemento importante è la ricaduta che il progetto può rappresentare nel territorio circostante, anche attraverso la tipologia organizzativa dell’ente che si crea.
Attenzione particolare, nella valutazione, verrà data alla presenza di indici di misurazione di sviluppo.
Il settore può comprendere: attività organizzative, interventi strutturali a beneficio di sistemi politici e amministrativi (nazionali o comunitari), iniziative generatrici di reddito per gruppi di persone specifici.
Gli interventi potranno essere sia in ambito urbano che rurale.
La salute, viene definita nella Costituzione dell’OMS, come “stato di completo benessere fisico, psichico e sociale e non semplice assenza di malattia”, viene quindi considerata un diritto e come tale si pone alla base di tutti gli altri diritti fondamentali che spettano alle persone.
Questo principio assegna compiti che vanno al di là della semplice gestione di un sistema sanitario. Implica il mutamento di quei fattori che influiscono negativamente sulla salute collettiva e la promozione di quelli favorevoli. In tale contesto, la salute viene considerata più un mezzo che un fine e può essere definita come una risorsa di vita quotidiana che consente alle persone di condurre una vita produttiva a livello individuale, sociale ed economico.
Il settore può comprendere:
– attività intese a mantenere o ripristinare il benessere complessivo della persona;
– iniziative che garantiscano l’accesso alle cure a coloro che vedono negato tale diritto;
– sviluppo, qualificazione e innovazione dei servizi socio-sanitari;
– costruzione, ristrutturazione, arredo e equipaggiamento di edifici o reparti ospedalieri, centri di salute di base, dispensari;
– formazione di personale sanitario (amministrativo, medico e infermieristico) e di agenti di salute comunitaria;
– sensibilizzazione sui temi della salute.
L’Ufficio Studi e Valutazione può affiancare, nella gestione interna, pianificazione e progettazione, alcune organizzazioni con cui ha un consolidato rapporto di collaborazione.
Affiancamento nella gestione interna e pianificazione delle organizzazioni
L’Ufficio Studi e Valutazione può affiancare, nella gestione interna, pianificazione e progettazione, alcune organizzazioni con cui ha un consolidato rapporto di collaborazione.
Acqua
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Come bene da valorizzare, preservare e mantenere. L’attenzione è rivolta ad iniziative che migliorino l’accesso all’acqua, avvalendosi della partecipazione della popolazione locale e di modalità di coinvolgimento formativo per la preservazione a beneficio delle generazioni future.
Comprende: sistemi e bacini idrici (multidestinazione: uso civile, allevamento e agricoltura); difesa, preservazione e accesso all’acqua, gestione delle acque reflue, formazione e sensibilizzazione sul tema.
Ambiente
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Il settore, al di là della tutela della natura, pone l’attenzione alle interazioni tra le dinamiche sociali ed economiche e l’ambiente. Uno sviluppo sostenibile dovrà tenere conto di una maggiore responsabilità nei confronti degli ecosistemi, dalla cui salute dipende ogni forma di vita e di attività economica e sociale.
Comprende: tutela e difesa del territorio; bonifiche ambientali; gestione dei rifiuti; uso di energie alternative; conflitti ambientali; formazione e sensibilizzazione sul tema.